Senzatetto ai tempi del Coronavirus
Tra le realtà sostenute dal fondo Insieme per Varese della Fondazione Comunità del Varesotto ci sono i City Angels. Sono loro normalmente a gestire il dormitorio per l’emergenza freddo di Via Maspero, a Varese. Insieme al dormitorio stabile gestito dal Comune, offre abitualmente accoglienza notturna ai senzatetto. In entrambi era prevista da sempre solo l’accoglienza notturna ma l’emergenza Covid-19 ha generato un’ulteriore emergenza: come potevano stare a casa persone che non avevano una casa?
«Aprire il dormitorio anche di giorno è la prima risposta, naturalmente» racconta Andrea Menegotto, il coordinatore provinciale dei City Angels, che insieme all’amministrazione comunale, ha organizzato l’accoglienza diurna: «ma si tratta di un’operazione molto complessa, che richiede una strategia. Tra i senzatetto ci sono spesso persone con fragilità psichica, o con storie di dipendenza, talvolta di devianza. C’è un tasso di conflittualità altissimo. Un conto è offrire una camera dove dormire la notte, un altro è trascorrere tutto il giorno insieme, costruire relazioni, far funzionare queste relazioni. Ci siamo chiesti come potevamo costruire un vero percorso di accoglienza e abbiamo capito che i volontari non potevano bastare, anche se erano ancora più preziosi del solito. Servivano figure professionali, psicologi, assistenti sociali, persone che si occupassero dell’educazione sanitaria, dell’igiene, della sicurezza, di risolvere le piccole e grandi conflittualità. Abbiamo chiesto il contributo della Fondazione per poter dotarci di queste figure e abbiamo potuto iniziare l’esperienza dell’accoglienza diurna.
Ci siamo accorti che molti ospiti non avevano per niente chiara la situazione e la sottovalutavano, altri erano terrorizzati. Si trattava di spiegare, di guardare e commentare insieme le notizie, di essere lì quando c’era il bisogno di parlare e ridurre angosce e paure. Non è facile, anche perché dobbiamo osservare tutte le misure di protezione e distanziamento ma sta funzionando. Stanno succedendo cose nuove: persone che magari dormivano sullo stesso piano ma non si frequentavano per pregiudizi legati all’etnia o altro si stanno conoscendo. Prima un pasto arrivava sotto forma di sacchetto distribuito, adesso si mangia insieme, anche se lontani. Si gioca a carte, si guarda la televisione insieme e questa convivenza un po’ forzata si sta trasformando in un’occasione per tutti. Noi stiamo condividendo con gli assistenti sociali la nostra osservazione: dati, considerazioni e conoscenza della vita delle persone che frequentano il nostro centro che magari in anni non erano mai venute fuori. Questo posto si sta trasformando per la prima volta in qualcosa che assomiglia una casa. E questo momento in una risorsa che ci aiuterà a costruire il nostro modello di accoglienza futuro, avevamo fatto tanti pezzettini ma mai niente di così grande».
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