Le esperienze dei filantropi
La cultura del dono si diffonde: lo dimostrano i dati relativi all'operato delle Fondazioni di Comunità. I filantropi esistono ancora: sono persone qualunque, imprenditori, fondazioni, famiglie, intere comunità.
Vi raccontiamo alcune delle loro storie
Novara: da un imprenditore 400 mila euro per il sociale
Contitolare, con il fratello Franco, della Ponti S.p.A., azienda leader nella produzione dell’aceto e nota nel settore delle conserve vegetali, Cesare Ponti rappresenta la quarta generazione della Famiglia Ponti dedita alla crescita dell’azienda, fondata nel 1867. Oltre a curare i rapporti con i propri dipendenti, Ponti ritiene che intervenire a vantaggio del territorio consenta una crescita più equilibrata della società, dato l'inscindibile binomio economia-territorio. Valori come questi hanno sempre ispirato l’attività di famiglia, sviluppatasi in una piccola realtà locale, dove il rapporto umano è più diretto ed immediato. Credibilità, coerenza e responsabilità sociale favoriscono la costruzione di un rapporto di reciproca stima all’interno e all’esterno dell’impresa. La Ponti S.p.A. patrocina e sostiene numerose iniziative culturali e di solidarietà organizzate dalle Associazioni di Volontariato del Novarese. Grazie a queste radici, alla frequentazione di Associazioni della località in cui vive, nonché all’approfondimento dell’enciclica CENTESIMUS ANNUS, l’impegno del Dott. Ponti nel campo della solidarietà e responsabilità sociale è diventato sempre maggiore nel tempo. Consigliere dell’ANFFAS ONLUS di Novara, che ha attivato un centro Diurno e un Centro Residenziale, ha contribuito alla crescita della considerazione sociale degli enti locali e dei cittadini novaresi verso i disabili intellettivi, relazionali e le loro famiglie. Oltre a sostenere attivamente l’apertura di un centro residenziale dell’ANFFAS VALSESIA ONLUS, l’apertura della casa della Mamma e del Bambino di Borgosesia, Ponti ricopre la carica di consigliere della Fondazione Istituto della Provvidenza della casa per anziani Onlus di Ghemme. Consigliere di Amministrazione della Fondazione dalla Comunità del Novarese Onlus, ha costituito un fondo patrimoniale presso la fondazione di € 400.000,00 con versamenti a titolo personale, coinvolgendo i suoi familiari e la Ponti S.p.A. Il Comune di Novara ha nominato Cesare Ponti NOVARESE dell’Anno 2005 a motiivi del suo impegno costante nell’attività sociale.
Lodi: oltre un milione di euro la donazione di una fondazione verso un’altra fondazione
Il 30 settembre 1958 morì a Codogno (LO) la signora Clorinda Capra vedova Polenghi che diede disposizione nel suo testamento di devolvere il suo patrimonio a favore della fondazione denominata “Gino e Clorinda Polenghi” che come scopo, nel rispetto dei principi religiosi, doveva provvedere ad erogare assistenza e beneficenza a giovani e famiglie bisognosi, in particolare nei comuni di Codogno e Maleo.
Nel testamento veniva disposto che l’ente dovesse essere amministrato da un Consiglio presieduto dal Parroco di Codogno e composto da altri sei membri, tra cui il parroco di Maleo e i sindaci dei comuni di Codogno e Maleo e loro delegati. Pochi mesi fa il consiglio di amministrazione, considerata l’esistenza sul territorio della Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi onlus che persegue finalità in linea con quelle della Fondazione Polenghi, ha disposto l’estinzione della Fondazione Polenghi con la devoluzione dell’intero patrimonio residuo di € 1.224.812,02 alla Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi onlus per la costituzione di un fondo patrimoniale “Gino e Clorinda Polenghi” i cui frutti saranno perennemente destinati ad erogare contributi per l’assistenza sociale nei territori comunali di Codogno e Maleo.
Brescia: filantropi per una Tac in Valtrompia
Un’esigenza emergente del territorio, quello trumplino, recepita attraverso le indicazioni fornite dall’ospedale di Gardone Valtrompia per voce di Pierangelo Guizzi e Giulio Vezzoli, primari di Ortopedia e Radiologia.
Una trentina di imprenditori bresciani - cui si sono aggiunti due gruppi di lavoratori - ha risposto all’appello. Obiettivo: acquistare una nuova Tac per l’ospedale della valle. Passare dalle intenzioni ai fatti è stato facile: “Quasi 500mila euro raccolti con lievità, grazie alla credibilità del progetto e alla fiducia riposta nelle persone e nelle strutture” spiega Luigi Moretti. Il progetto infatti è stato messo a segno anche grazie alla collaborazione con il direttore generale degli Ospedali Civili, Lucio Mastromatteo, e con il direttore sanitario Alfonso Castellani.
Risultato: dall’inizio del 2005 il presidio ospedaliero gardonese può contare su una Tac di ultima generazione. La nuova macchina ha infatti consentito di ridurre i tempi di attesa per pazienti sia interni sia esterni (nello specifico per l’esame: i pazienti interni attendono al massimo).
1 giorno; i pazienti esterni attendono al massimo dai 3 ai 5 giorni; la media regionale per questo tipo di esami varia tra i 25 e i 40 giorni) Vengono effettuati 20 – 25 esami al giorno (incremento medio di esami 35%, incremento Tac torace e addome 60 – 65%, incremento Tac encefalo urgenti 380%).
Si capisce, allora, perché l’ospedale valtrumplino nell’ultimo periodo sia diventato un polo per un’utenza che va ben oltre i confini della valle. Ma c’è dell’altro. Il “patto” solidale tra imprenditori non è andato disperso, anzi. “L’idea era stare uniti per continuare sulla strada dell’aiuto a iniziative benefiche” dice Moretti. “Per questo si è pensato di bussare allaFondazione Comunità Bresciana, una casa appropriata e in sintonia col nostro spirito”. Il passo immediatamente successivo è stata la costituzione di un fondo con diritto d’indirizzo, denominato “Genesi”, con un versamento iniziale di 65mila euro. L’auspicio ora è di attrarre nuove energie per sostenere stabilmente opere di utilità sociale.
Brescia: Una sala cinematografica per la clinica pediatrica degli Ospedali Civili
E’ stata inaugurata il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre 2017, la sala cinematografica realizzata per i bambini malati ricoverati nei reparti pediatrici dell’Ospedale Civile di Brescia. Una coincidenza voluta per sottolineare il valore del dono, divenuto realtà grazie al cospicuo finanziamento, 200.000 euro, messo a disposizione dal Fondo Gaetano e Tina Lanfranchi, costituito nel 2011 all’interno della Fondazione della Comunità Bresciana proprio per sostenere iniziative sociosanitarie e assistenziali con particolare attenzione agli Spedali Civili. Il Fondo ha infatti deciso di sostenere il progetto presentato dalla Fondazione Emanuela Quilleri onlus – La vita in un sorriso, per la realizzazione di una sala cinematografica all’avanguardia per design e dotazioni tecnologiche di ultima generazione, con comodi sedili in pelle, ampi spazi, pannelli fonoassorbenti, sonoro digitale e avvolgente. La Sala Cicci, così è stata chiamata in memoria di Emanuela Quilleri, come veniva affettuosamente chiamata in famiglia la moglie prematuramente scomparsa di David Quilleri, è stata realizzata in un cortile interno all’Ospedale ma in posizione strategica perché vicinissima agli ascensori che portano ai reparti pediatrici. Essa è entrata subito in funzione e il cartellone degli spettacoli prevede film della stagione, in qualche caso anche anteprime assolute, messe a disposizione dalle case cinematografiche. Le pellicole sono ovviamente adatte ai ragazzi e sono suddivise per fasce d’età. I posti a disposizione sono cinquanta incluso uno spazio riservato ai piccoli costretti a letto. Ogni giorno sono 150 i bambini ricoverati nei diversi reparti pediatrici del Civile, tra questi sono almeno una ottantina quelli che per condizioni di salute possono essere portati a vedere un film: per loro anche il cinema è una sorta di terapia, perché rappresenta una via di fuga dalla sofferenza e dall’angoscia che spesso accompagnano la malattia. La Sala Cicci, al momento dell’inaugurazione, è un esperimento pilota a livello nazionale poiché solo il Policlinico Gemelli a Roma ha una struttura talvolta utilizzata per proiettare film, ma si tratta solo di una sala polifunzionale non dotata di equipaggiamento specifico cinematografico.
Brescia: da concorso fotografico a dono
Nell’ambito delle iniziative per i propri 15 anni d’attività, la Fondazione della Comunità Bresciana ha deciso di dar vita, insieme al Museo Nazionale della Fotografia – Cinefotoclub di Brescia, al concorso fotografico intitolato “Don@zione- #donaundonoconunclick”, a dimostrazione che la filantropia moderna vive non solo di denaro ma anche di gesti quotidiani. I partecipanti al concorso sono stati infatti chiamati a immortalare, a seconda della loro percezione personale, rappresentazioni di generosità spontanea che possono verificarsi in qualsiasi momento: dall’abbraccio al sorriso sincero in una giornata difficile, dalla mano tesa per aiutare ad attraversare la strada allo sguardo carico d’affetto. Sono tante le possibili sfaccettature che possono essere colte all’interno di un tema vasto ma non per questo semplice, dato che mette in gioco la sensibilità dei singoli. In un momento storico in cui c’è bisogno di più gentilezza, e nel quale se tutti donassero un sorriso cambierebbe molto, si è data la possibilità a fotografi ed a fotoamatori di indagare la realtà attraverso questa speciale lente. Tre le sezioni individuate: junior, senior e i video. In palio per i vincitori di ciascuna sezione 2.000 euro da devolvere, proseguendo nella linea del dono, ad un ente non profit indicato già nella scheda di iscrizione.
Brescia: da dimora di imprenditori a Casa dei malati oncoematologici
Emilia Lucchini era una donna generosa che amava tantissimo i bambini e per loro non risparmiava energie e passione. Il suo esempio e il suo amore diventano ora un faro di speranza e concreto aiuto per i malati, bambini ed adulti, pazienti dell’Oncoematologia dell’Ospedale Civile di Brescia e dei loro famigliari. E’ stata inaugurata nel maggio 2018 Casa Emilia Lucchini, progetto voluto dalla Fondazione Lucchini per la trasformazione della villa residenziale ubicata in viale Oberdan 1, in città, a poche decine di metri dall’ospedale Civile, in minialloggi per i malati e loro accompagnatori. A donare la casa nella quale sono cresciuti sono stati Giuseppe, Silvana e Gabriella Lucchini, i figli della signora Emilia e di Luigi Lucchini, cavaliere del lavoro ed imprenditore di spicco della siderurgia bresciana. La storica dimora viene ora utilizzata in comodato d’uso gratuito dall’Ail, l’Associazione Italiana per la lotta alle Leucemie e Mielomi. Nei 900 metri quadrati della casa, distribuita su tre livelli, sono stati realizzati sette appartamenti, tra mono e bilocali, nei quali si stima di poter ospitare gratuitamente 60 pazienti l’anno, considerando una presenza media di 30 o 40 giorni, oltre a 60 famigliari. Si tratta di malati e accompagnatori che spesso provengono da altre città d’Italia, oppure da luoghi della provincia bresciana comunque disagiati per i trasporti verso il capoluogo, persone in condizioni di fragilità fisica e psicologica che necessitano anche di un appoggio abitativo. Casa Emilia Lucchini per loro diventerà dunque un grande aiuto, economico certo, per il risparmio della spesa alberghiera, ma anche per la possibilità di condividere momenti di socialità e svago con altre persone che vivono un’analoga situazione: la ristrutturazione della villa garantirà infatti sia la necessaria privacy sia la possibilità di utilizzare ampi spazi comuni; inoltre, insieme alla casa, è stato donato anche il parco circostante di circa 5mila metri quadrati nei quali sarà possibile passeggiare e, per i pazienti più piccoli, giocare. La Fondazione Lucchini ha potuto realizzare questo progetto grazie al determinante contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione della Comunità Bresciana.
Brescia: la musica come infrastruttura sociale
La musica e la cultura possono essere uno strumento di inclusione sociale, capace di andare oltre le differenze, in grado di aprire nuovi scenari di fronte a persone che per le ragioni più diverse, vivono in situazioni di disagio, allontanamento se non addirittura di isolamento. Convinta di questo la Fondazione Teatro Grande di Brescia ha deciso di dar vita al progetto “Grande Comunità. La Musica come infrastruttura sociale”, i cui obiettivi sono da un lato diffondere la bellezza e la gioia della musica nei luoghi della cura, della solidarietà, del disagio sociale, fisico e psichico, e dall’altro incentivare la partecipazione a spettacoli e incontri da parte di “soggetti svantaggiati” al Teatro Grande, il luogo più prestigioso per la musica nel territorio bresciano, scrigno esso stesso d’arte e bellezza. Per perseguire questi obiettivi, la Fondazione Teatro Grande ha coinvolto nell’azione una rete informale e diffusa composta da una fitta serie di soggetti pubblici e privati impegnati a vario titolo e con diverse modalità nei settori della musica, della cultura e della solidarietà, rete che dovrà diventare un moltiplicatore di partecipazione favorendo il dialogo interculturale in un’ottica di inclusione. Due le direttrici lungo le quali si muove principalmente il progetto: la programmazione di concerti e conferenze nei luoghi di cura e della solidarietà, quali ospedali, residenze psichiatriche, centri per anziani, centri per migranti, carceri, mense per i poveri, centri per le vittime di violenze, ma anche la previsione di posti gratuitamente riservati nel corso di spettacoli della stagione ufficiale del teatro Grande per “soggetti svantaggiati” di natura economica, sociale o psico-fisica. Sono poi programmate anche altre attività come la realizzazione di servizi di audio-descrizione delle opere in cartellone della stagione d’Opera, per l’ascolto dedicato a persone con disabilità visiva; la realizzazione di sopratitolazione e visite guidate alla scoperta del teatro Grande con percorsi guidati per i non udenti; la realizzazione di percorsi tattili tematici. Anche questo progetto è realizzato grazie al contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione della Comunità Bresciana.
Brescia: Water Circle, lo sport per tornare a vivere
A volte i piccoli cambiamenti sono in grado di avere grandi impatti sull’ambiente circostante. E’ quello che fa la goccia: quando cade nell’acqua forma un cerchio che si propaga verso l’esterno mantenendo la sua forma, ovvero la missione iniziale. Per questo è stato chiamato “Water Circle” il progetto avviato dal Kayak Canoa Club di Palazzolo sull’Oglio, che vuole trasformare la base del club in un polo canoistico nazionale per atleti agonisti e atleti diversamente abili. Tutto è nato dalla forza di Veronica Yoko Plebani, giovane bresciana colpita nel 2011, quando aveva solo 15 anni, da una terribile malattia che l’ha segnata profondamente nel fisico, ma non certo nello spirito. Per Veronica lo sport, e soprattutto la possibilità di allenarsi in kayak sulle rive dell’Oglio, è stato un elemento determinante di sostegno fisico e psicologico durante la convalescenza, che le ha dato letteralmente un motivo per uscire di casa, aprirsi a nuove relazioni ed esperienze e un luogo nel quale la sua disabilità non fosse presa in considerazione in quanto tale. Lo sport come terapia è dunque uno dei leit-motiv di Water Circle e uno dei mantra che accompagnano Veronica Yoko Plebani dall’inizio della sua avventura sportiva, che l’ha portata ad essere Campionessa Europea nel 2014, pluricampionessa italiana, vincitrice della Coppa del Mondo 2015 e 2015, sesta classificata alle Paralimpiadi di Rio De Janeiro. Ed è stata Veronica, ambasciatrice del progetto Water Circle, che ha per prima coinvolto gli sponsor arrivando a raccogliere 100 mila euro. Altrettanti sono stati messi a disposizione da Fondazione Cariplo attraverso il bando “Fondi Emblematici” promosso dalla Fondazione della Comunità Bresciana. Grazie a questi finanziamenti, il Kayak Canoa Club cambierà volto: non sarà più soltanto un ufficio con un deposito canoe e una tettoia. Verranno infatti ridisegnati gli ambienti interni ed esterni per renderli perfettamente fruibili a tutti, abbattendo le barriere architettoniche presenti, così da diventare un centro all’avanguardia, di richiamo e incontro per la comunità, dove i giovani, e non solo loro, potranno capire che lo sport è uno strumento efficiente per superare le difficoltà esistenziali e che la solidarietà è alla base di una comunità unita.
Bergamo: una famiglia rinuncia alle vacanze per donare
E’ la storia di una grande avventura e di un’amicizia internazionale quella del “Progetto Battista” legato al Fondo Emarginazione e Povertà nel mondo-Mons. Luigi Pizzigalli: quella tra la famiglia bergamasca di Sergio e Franca Pizzigalli e quella africana di Isacco e Banatou e i loro figli Iacoub e Aisha provenienti dal Burkina Faso, ma ormai di casa a Monterosso (quartiere di Bergamo). Nell’autunno 2004 Franca avrebbe voluto fare un viaggio in Africa, ma le pareva di mettere in un viaggio di piacere tanti soldi, troppi commisurati con le esigenze delle popolazione dei villaggi che avrebbe visitato. Da qui l’idea di destinare i soldi del viaggio e lo stipendio di quel periodo ad un’iniziativa da inventare. Franca decise che quell’idea si sarebbe realizzata in campo sanitario e che avrebbe portato il nome del nonno Battista, morto nel 2002 a 92 anni.
I coniugi Pizzigalli ne parlarono con Isacco che offrì preziose indicazioni e contattò degli amici che gli segnalarono l’associazione Dijpakara del suo villaggio natale Bangassogo. Sergio e Franca appresero che per 5 villaggi con 12.500 abitanti vi era un unico Centro di Salute e di Promozione Sociale (CSPS) con una maternità ma senza sala per il ricovero, senza letti, senza farmacia, senza illuminazione. L’associazione procedette a fare un’analisi delle necessità e fu proposta la costruzione di una nuova camera per puerpere con 10 letti per un costo di 3.970.000 CFA pari a circa 6000 euro.
Nel frattempo Marco, amico dei Pizzigalli, in servizio volontario presso la Fondazione della Comunità Bergamasca segnalò a Sergio la possibilità di aderire al fondo “Emarginazione e Povertà nel Mondo” e di ottenere un aiuto. Il progetto fu accolto, i Pizzigalli parteciparono al fondo diocesano per le povertà nel mondo con una donazione di 2000 euro e la Fondazione stanziò 6000 euro per l’intervento.
Como: un paesino di piccoli donatori. Non occorre essere ricchi per sentirsi filantropi.
Un territorio, quello della provincia di Como, ricco di tanti piccoli gioielli che meritano di essere preservati. Si tratta delle innumerevoli chiese romaniche che affollano soprattutto l’alto lago, ma dislocate anche nel resto della provincia, con i loro preziosissimi affreschi ed organi. Uno di questi, quello della Parrocchia di Garzeno lega a sé una storia importante non solo per la sua valenza artistica ma anche per la generosità e l’affetto dimostrato dai parrocchiani.
Quello di Garzeno è un organo del 1830 che negli ultimi trent’anni è rimasto in silenzio. Si trattava di uno strumento di dimensioni straordinarie per la zona, con due manuali e più di quaranta registri. Per quanto ormai malandato la profondità e la bellezza del suo suono ha fatto decidere per il restauro. Quest’organo é sempre stato espressione della comunità nelle feste e nei momenti chiave della vita di ogni uomo. Suonarlo significa quindi ridare voce a chi l’ha voluto e costruito. Era l’anima del paese che attendeva di tornare alla luce. E il paese ha risposto con grande generosità. In linea infatti con i Bandi della Fondazione, che subordinano la concessione di un contributo finanziario al fatto che la gente dimostri di credere nel progetto presentato, donando a suo favore, sono pervenute, centinaia di donazioni.
Gli abitanti di Garzeno sono 1029 divisi in 303 nuclei famigliari (79 coppie senza figli, 145 coppie con figli, 13 padre con figli, 66 madre con figli), le donazioni sono state 135 tutte da persone fisiche per un totale complessivo di 14.400 euro, la donazione minima è stata di 10 euro, quella massima di 1.500.
Cremona: un mecenate esempio per il territorio
L’ing. Gianfranco Carutti, nato a Milano il 14 Ottobre 1914 ed approdato a Cremona nel 1947 per motivi di lavoro, è un uomo di animo generosissimo; oltre al suo lavoro, di cui si occupa ancora, ha intessuto una grande rete di carità.
La sua azione verso l’intera città e verso aggregazioni umanitarie è stato ed è notevole. Per la città sotto l’aspetto culturale sostiene: la “Camerata di Cremona”, prestigiosa istituzione musicale che tiene concerti in Italia e all’estero; presiede (ed interviene con contributi) la “Società Concerti”, associazione che collabora con la “Fondazione Teatro a Ponchielli” di Cremona per lo svolgimento delle stagioni lirica e concertistica; è socio fondatore della Associazione “Amici del Museo” che sostiene con grande generosità; ha donato alla Pinacoteca di Cremona numerose opere pittoriche di notevole pregio.
Nei confronti delle attività sociali: ha realizzato la “Casa Elisa Maria” per ospitare 40 persone indigenti autosufficienti; è stato l’artefice della costituzione del sodalizio “Amici dell’Ospedale” tramite il quale sono state fatte donazioni per l’acquisto di importanti apparecchiature per l’Azienda Ospedale di Cremona. Ultima sua azione in questo ambito è stato l’acquisto di 1.000 letti attrezzati per i degenti, facendosi inoltre carico di far rimettere in ordine i letti dimessi ancora utilizzabili e di spedirli in un ospedale del Paraguai.
A partire dagli anni Sessanta, l’ing. Carutti ha iniziato a sostenere il gruppo “Amici dei Lebbrosi” operando in vari Paesi africani e realizzando, in Costa d’Avorio, un villaggio che ha preso il nome di Cremona e che ora conta 1.500 abitanti. Si occupa di un orfanotrofio con sede in Etiopia e dei rifugiati cattolici sudanesi che si trovano nella zona meridionale dello stato africano. Per queste migliaia di persone, con l’aiuto di altri, ha creato il sodalizio umanitario “Jambo Africa” per fornire loro sostentamento.
Bergamo: la famiglia Radici impegnata su molti fronti
La Vicepresidente della Fondazione della Comunità Bergamasca, la signora Luciana Previtali Radici, con il marito, ha dato vita nel mese di giugno al “Fondo Gianni e Luciana Radici” con una donazione iniziale di 50.000 euro, che nel corso dell’anno ha registrato un graduale incremento e sino a contare su un patrimonio di 85.000 euro : “Io e mio marito – dichiara emozionata la signora Luciana – abbiamo deciso d’istituire questo Fondo per stimolare il senso civico dei bergamaschi, nella speranza che il nostro gesto fosse da stimolo per tutti coloro che nella nostra provincia, sede di grandi industrie e importanti attività artigianali, dispongono di una condizione economica privilegiata e che possono quindi aiutare la comunità con un contributo concreto!”.
Da sempre sensibile e attenta alle tematiche sociali e sanitarie Luciana Previtali Radici ha deciso di destinare il rendimento finale del “Fondo Gianni e Luciana Radici” alla realizzazione di interventi di solidarietà nel settore socio-sanitario: “Seguo da molti anni la situazione dei ragazzi disabili, ma sono impegnata anche nella Lotta ai Tumori e a fianco della Crocerossa: credo che nel settore sanitario e in quello dell’assistenza vi sia una continua crescita di bisogni e che quindi il nostro intervento si renda quanto mai necessario”.
La signora Luciana cammina a fianco della Fondazione dal 2000: “La Fondazione si sta delineando come una struttura trasparente e sempre più affidabile; sono certa di un suo un ruolo sempre più significativo sul territorio, divenendo l’ideale punto di congiunzione tra coloro che possono dare e coloro che hanno bisogno di ricevere un sostegno. Nei prossimi anni sarà importante lavorare per non disperdere le risorse e riuscire a convogliarle in modo efficace nel patrimonio della Fondazione stessa”.
Como: a Moltrasio donato un patrimonio da oltre un milione di euro
Con la costituzione di questo Fondo (Euro 1.040.000) presso la Fondazione comunitaria, Emma Coccini ha voluto e potuto realizzare un desiderio, ben specifico, espresso in vita da suo marito: aiutare gli anziani di Moltrasio, la loro cittadina. La signora ha quindi deciso di donare alla Fondazione la nuda proprietà della sua abitazione e di costituire, con il ricavato, questo Fondo che genera ogni anno importanti frutti, sistematicamente devoluti a favore degli anziani bisognosi di Moltrasio. Grazie a questo Fondo è stato ad esempio potenziato il sistema infermieristico, è stato istituito un servizio di fisioterapia, si è data la possibilità agli anziani che devono spostarsi e hanno difficoltà a farlo di utilizzare il taxi a prezzi agevolati.
Così la signora Coccini ricorda la sua donazione: “Ho deciso di donare alla Fondazione della Comunità Comasca l’intera mia proprietà sul lago, riservandomi tuttavia l’usufrutto vitalizio affinché possa risiedervi sino alla fine dei miei giorni. Mi sono determinata in tal senso sulla base della sensazione di serietà e solidità che mi ha infuso la Fondazione”.
Bergamo: donazioni per la ricerca
E’ un uomo energico Renzo Rota Nodari, animato dal desiderio di raggiungere sempre nuovi e avanzati traguardi. Caratteristiche queste che, nella vita, lo hanno reso un imprenditore di successo, capace di mettersi in gioco e sperimentare nuove strade : “Ho sempre creduto- racconta - nell’innovazione e nel potenziale della ricerca, fattori indispensabili per il futuro delle aziende e della società. Quando sono stato chiamato a partecipare all’attività della Fondazione della Comunità Bergamasca come consigliere e ho accettato con entusiasmo ed il mio carattere che ama l’azione mi ha portato ad operare subito costituendo un fondo patrimoniale, per una solidarietà concreta e mirata. La Fondazione può esserne lo strumento ideale, ma dobbiamo lavorare ancora molto per radicare il suo legame con il territorio e i bergamaschi, diffondendone al meglio l’immagine e l’operato”. Nello scorso autunno ha dato vita al Fondo Patrimoniale “Fondo Ricerca per il Diabete mellito giovanile e il diabete in gravidanza- in memoria di Natale e Maria Rota Nodari”: “Il Fondo è nato con un contributo iniziale di 60.00 euro che spero possa accrescersi il più rapidamente possibile anche grazie ad altri donatori: il compito di tutti i membri del Consiglio d’Amministrazione deve essere quello di spingere altri ad esporsi a favore dei bisogni sociali”. Nella titolazione del fondo la passione per la scienza s’intreccia a vicende familiari : “L’anno passato è scomparsa mia madre Maria, così insieme ai miei fratelli ho deciso di dedicare il Fondo alla sua memoria e a quella di mio padre Natale. La scelta del settore d’intervento è invece legata alla patologia che colpisce da anni mia figlia e che mi ha fatto comprendere quanto il fenomeno del diabete mellito giovanile sia drammatico e diffuso nella nostra realtà. L’Italia e la Lombardia, purtroppo, registrano un tasso d’incidenza molto alto ed è quindi la ricerca che dobbiamo sostenere”
Mantova: una casa per persone in stato di bisogno. Il benefattore? Anonimo.
Una generosa benefattrice, che ha voluto mantenere l’anonimato, ha donato alla nostra Fondazione una casa rurale con annessi terreni situati in un piccolo paese della nostra provincia – racconta il Presidente Onorario della Fondazione Comunità Mantovana, Cav. Lav. Carlalberto Corneliani; la donazione avvenne nel 2001 quando era presidente della Fondazione. La volontà era che venissero realizzati appartamenti destinati a persone in stato di bisogno. Possiamo dire che dopo cinque anni il desiderio della signora è si è avverato: dall’accurata ristrutturazione della casa sono stati ricavati sei piccoli appartamenti funzionali e moderni, attrezzati per persone in stato momentaneo di bisogno, che verranno gestiti da una cooperativa sociale. I referenti dei Comuni circostanti e del Piano di Zona, che aderiscono al progetto di gestione della “Casa Matilde di Canossa”, avranno l’incarico di indicare di volta in volta le situazioni più urgenti alle quali è prioritario assicurare una tempestiva soluzione.
Possiamo quindi affermare che la Fondazione, con il supporto dei componenti il Consiglio di Amministrazione e di tecnici qualificati, riesce a realizzare progetti là dove il bisogno è più urgente e migliorare la qualità della vita dei cittadini mantovani.”
Varese: gli eredi a sostegno della cultura
Il Dott. Ernesto Redaelli (1918- 2000) è stato una figura di spicco nel mondo socio culturale varesino ed animatore di varie iniziative atte a promuovere e a sviluppare il turismo in Provincia di Varese. Per onorare la memoria e ricordare il suo operato i Suoi Familiari hanno deciso di creare un fondo patrimoniale, i cui frutti servono a finanziare un importante evento in campo culturale, sociale o turistico da tenersi almeno una volta all’anno, al quale associare il nome del loro Congiunto. Tenuta presente, poi, l’attività svolta in loco, anche nei suddetti campi, dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto, gli Eredi del detto Ernesto Redaelli hanno deciso di costituire il Fondo presso la Fondazione medesima, dimostrando in tal modo di approvare e di supportarne la sua attività complessiva.
Varese: una tragedia genera solidarietà
Il Prof. Claudio Miglierina costituì nel 1981, in provincia di Varese, un fondo a ricordo della consorte Amalia Griffini e del figlio Jacopo scomparsi tragicamente, vincolato al finanziamento di attività di studio e ricerca svolta da giovani medici specializzandi in ostetricia/ginecologia e neonatologia. Con la nascita della Fondazione Comunitaria del Varesotto, di cui la provincia di Varese è uno degli Enti fondatori, detto fondo venne acquisito al patrimonio della Fondazione, che ora lo gestisce in conformità degli scopi previsti dall’atto costitutivo. Con soddisfazione di tutti si può notare ora che ogni anno dei giovani medici hanno la possibilità di frequentare le più prestigiose Università europee ed americane affinando in tal modo la loro preparazione professionale e, contemporaneamente, dando il loro apporto alla ricerca in questi delicati settori della medicina.