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La storia di Marco: un tutor speciale

Scala B, terzo piano. In un luminoso quadrilocale di Cenni Marco Rasconi, 39 anni, contabile in una cooperativa, segue i percorsi di autonomia delle persone con disabilità motorie gravi: «Metto a disposizione la mia esperienza. I ragazzi a turno abitano con me e imparano a gestirsi in modo indipendente. Vivere soli cambia tutta la nostra vita e la percezione che abbiamo di noi stessi e che gli altri hanno di noi: vuol dire diventare per la prima volta non figli da accudire ma figli e basta». 
Marco parla di qualcosa che conosce molto bene: lui stesso è malato di SMA (Atrofia Muscolare Spinale), tipo II. Non il più grave, ma nemmeno il meno grave: «Quando avevo circa un anno i miei genitori si sono accorti che qualcosa non andava. La diagnosi è arrivata come un macigno, la più infausta possibile: suo figlio ha 2 anni di vita». Ma i medici sbagliavano, anche perché all’epoca si trattava di una malattia molto meno conosciuta. 
A 8 anni Marco conosce i suoi nuovi vicini di casa, hanno la Duchenne (La Distrofia Muscolare), diventano amici, a 13 inizia a giocare a hockey grazie alla UILDM (Unione Italiana Lotta Distrofia Muscolare), a 18 anni arrivano le prime vacanze in autonomia, a 23 è presidente dell’associazione milanese UILDM, da un anno è il presidente nazionale.
A Natale del 2014 Marco entra con il suo assistente nel suo appartamento di Cenni. Non è destinato solo a lui: l’obiettivo che Marco realizza con entusiasmo e tenacia è quello di trasformarsi in un tutor per giovani con disabilità motorie gravi che hanno deciso di emanciparsi dalla famiglia. Una stanza della casa è la sua, l’altra è occupata dall’assistente, nella terza si alternano negli anni Alessandro, Simone, Giovanni e molti altri, perché ognuno di loro convive con Marco per sei mesi. Adesso c’è Dinesh, viene dallo Sri Lanka, sta imparando l’italiano e ha fatto subito amicizia con i ragazzi del Foyer, i cinque grandi appartamenti in cui Fondazione Cariplo ospita per un anno giovani con un progetto di studio-lavoro.
Sul divano del salotto dorme anche Alessia, viene da fuori Milano, frequenta un master, è una volontaria che li aiuta in cambio di ospitalità. E’ la mano femminile che ci vuole in una casa di soli maschi. 
Marco definisce il suo appartamento una palestra dove riscaldare i muscoli dell’autonomia: «Purtroppo quello che capita a questi ragazzi è che cominciano a perdere l’indipendenza nel momento in cui la desidererebbero di più, perché la Distrofia è una malattia progressiva. Cresci, diventi grande, vorresti emanciparti dai tuoi e non puoi. Il nostro scopo è insegnare che è possibile. I ragazzi con il mio aiuto e quello dell’assistente iniziano a fare cose che prima erano impensabili, anche cucinare se la loro disabilità glielo consente. Li aiutiamo a trovare soluzioni, cerchiamo casa insieme, finanziamenti per l’assistenza, scuole, lavoro. E’ un passaggio pratico e anche psicologico, perché separarsi dalla famiglia non è facile. Dobbiamo essere molto bravi perché se sbagliamo qualcosa si rischia un percorso regressivo, il distacco è vissuto male e il fallimento è imputato alla patologia. 
Cenni è il contesto ideale per questo viaggio nell’autonomia perché è un luogo in cui ci sia aiuta reciprocamente, non si è solo vicini ma una comunità. Chiedere aiuto per un disabile è una cosa molto difficile ma Cenni ci permette di restituire l’aiuto perché spesso organizziamo iniziative con gli inquilini: dal pranzo di Pasquetta agli incontri con i bambini delle scuole della zona che vengono a conoscere la nostra realtà. Vieni a vivere a Cenni, ma dai una mano anche tu. E se aiuti, puoi accettare di essere aiutato». 

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