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La storia di Andrea, operaio in cassa integrazione, padre di tre bambini

 

Andrea ha 39 anni ed è un operaio in cassa integrazione. E’ separato e ha tre bambini di 7, 3 e 1 anno

"Quando io e la mia ex moglie abbiamo fatto il mutuo per comprare casa eravamo un po’ spaventati ma anche esaltati: una villetta tutta per noi, il giardino, la taverna, il terrazzo. Vengo da una famiglia modesta ma per diversi anni non me la passavo male: lavoravo come operaio specializzato in una ditta metalmeccanica, avevo la moto e la macchina e una bella casa. Il lavoro non era quello per cui avevo studiato - io sono un grafico - però lo stipendio era abbastanza buono ed ero assunto e siccome avevo fretta di mettere su famiglia un impiego stabile era la mia priorità. Per qualche anno è andato tutto bene, lavoravamo entrambi, io facevo anche politica, ero arrivato al consiglio comunale nel mio paese, c’era la fatica dei figli piccoli e delle corse quotidiane ma non ci mancava nulla. Poi la nostra coppia è entrata in crisi e abbiamo deciso di separarci. 

Abbiamo venduto la casa ma, una volta pagato il mutuo, mi sono rimasti quattro soldi in mano. Ho preso un piccolo appartamento in affitto e tra quello, le spese delle bollette, il mantenimento dei bambini, dei 1500 euro che mi entravano in tasca ne rimanevano 200 per me. Impossibile viverci. Poi è arrivata la cassa integrazione. Andavo dal mio macellaio, lui mi proponeva il solito vitello e io gli chiedevo solo maiale. Incontravo il mio meccanico che mi chiedeva perché non facevo sistemare i graffi sulla macchina e io gli dicevo «Poi passo» per non dirgli la verità. Non avevo nemmeno i soldi per il detersivo, figurati per riparare la macchina. Quando si è rotta, era un’auto vecchissima perché quella bella l’avevo già venduta insieme alla moto, l’ho rottamata.

La prima volta che ho messo piede in Caritas è stato un pugno allo stomaco: io sono sempre stata una persona umile, ma trovarmi a fare la fila per il sacchettino alimentare quello non l’avrei mai pensato. Un giorno ho incontrato il mio ex allenatore di calcio che era volontario lì, non ci poteva credere quando mi ha visto. La verità è che un giorno hai la villetta, la macchina, la tua famiglia, un lavoro e poi finisce tutto. La vergogna inizia ad accompagnare tutti i tuoi passi.

In Caritas mi hanno parlato dell’Emporio Solidale: è un supermercato per le famiglie in difficoltà, all’inizio non capivo perché non c’erano i prezzi. Funziona così: ti viene assegnata una quota di buoni spesa a seconda della tua situazione famigliare, dal numero di figli minori. Ho iniziato a frequentarlo, nel frattempo ho incontrato la mia nuova compagna ed è nato Francesco. Prendiamo lì tutti gli alimenti base, pasta, salse, biscotti, detersivi e anche i pannolini e le salviettine. Scegli tu quello di cui hai bisogno e, anche se il sacchettino alimentare mi ha aiutato molto, avere la possibilità di scegliere ti dà una sensazione completamente diversa. Per noi l’emporio significa un risparmio di circa 60 euro al mese ed è fondamentale. I bambini stanno con me due sere a settimana e quasi sempre anche nel week end, le spese sono tante. Ci vado anche quando non mi serve niente per scambiare quattro chiacchiere, è un po’ come andare al bar.

Ormai ho le spalle larghe, la vita ti riserva delle prove e devi andare avanti, ma la miseria è una cosa che ti sconvolge, ti rimette in discussione, è come se non ti sentissi nemmeno più tu.

Sono tre anni che non porto i miei figli in vacanza ma nemmeno a mangiare al fast food, non posso sgarrare di un centesimo. Se devo accompagnarli da qualche parte, mia mamma mi presta la macchina. Quando finirà la cassa integrazione, vorrei aprire un’attività mia, anche perché so bene che sarà impossibile trovare un lavoro a tempo indeterminato. Vado avanti, alla fine la mia forza è stata quella di chiedere aiuto: chiedere aiuto è un po’ come chiedere scusa, non tutti sono capaci". 

Guarda anche la storia di Lino. Clicca QUI

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