L’agricoltura come presidio sociale
Con il bando Coltivare Valore (che ha destinato in tre anni 8,2 milioni di euro di cui sono stati già erogati 5 milioni 440mila euro, finanziando 20 progetti) Fondazione Cariplo sostiene pratiche di agricoltura sostenibile in ottica agroecologica e sociale, come strumento di presidio e risposta ai rischi territoriali di carattere ambientale e come occasione di sviluppo economico locale attivando opportunità di inserimento lavorativo di persone in condizione di svantaggio, permettendo, attraverso accompagnamento, identificazione di un percorso formativo, tirocini e definizione di mansioni e modalità adeguate al tipo di svantaggio, un effettivo inserimento lavorativo.
Tra i progetti sostenuti, c’è La sostenibilità che include che coinvolge diversi partner (tra cui l’Università di Pavia) e che propone un modello di sviluppo locale basato sulla multifunzionalità dell’agricoltura, promuovendo pratiche eco-sostenibili di agricoltura sociale. Dopo aver recuperato 6 ettari di terreni agricoli incolti ha avviato la messa in coltura di orticole e di piante spontanee alimurgiche selvatiche e creato un "hub" per produzione e vendita agricola (esiste attualmente anche una linea di prodotti con il marchio del progetto).
La sostenibilità che include propone corsi di formazione (per operatori agricoli e per addetti cucina) di 100 ore per soggetti fragili: alcuni di loro sono già stati coinvolti nei tirocini formativi di avviamento al lavoro.
Giovanna (nome di fantasia), 40 anni, è una di loro. Ha frequentato il corso di 100 ore per operatore agricolo e adesso lavora nella cooperativa cinque ore al giorno. Ha un’invalidità mentale al 100% ed è seguita dal CPS di Voghera. Moreno Baggini, il responsabile del progetto, racconta che Giovanna ha una storia di abuso alle spalle, una figlia avuta in giovanissima età che le è stata portata via appena nata. «Quando è arrivata da noi Giovanna quasi non parlava, e non riusciva ad avere nessuna interazione con gli altri» ricorda Moreno. Adesso sorride nella telecamera di Zoom e parla di sé volentieri: «prima di questo lavoro ho fatto la cameriera e la donna delle pulizie: pulivo in una casa di riposo, ma non avevo fatto amicizia con le colleghe. Finita la giornata, ognuna tornava a casa sua e mi sentivo molto sola. Adesso è tutto diverso, perché sono in mezzo alla natura e, da quando sono qui, sto meglio. Mi sentivo anche meno sicura di me stessa, ma questo lavoro mi ha dato sicurezza perché mi sembra di farlo bene. Ho imparato a coltivare le piante, ma anche la trasformazione del prodotto come fare le conserve e i minestroni pronti che vendiamo perché mi piace cucinare. Adoro la natura. Non mi spaventa l’inverno, stare all’aria aperta mi piace in tutte le stagioni». Aggiunge Moreno: «prendersi cura delle piante è un po’ come prendersi cura di sé, è un’attività contagiosa e nell’ambiente agricolo si impara a fare di tutto e si sta insieme agli altri. La felicità di Giovanna, che non parlava e ora riesce a fare una conversazione con una persona sconosciuta su Teams e delle persone che hanno fatto il suo percorso, è la più grande soddisfazione per noi, è il senso del progetto. Il Covid ovviamente sta rallentando tutto, non possiamo più fare i mercatini, le attività scolastiche e nemmeno i corsi. Ma riprenderemo appena possibile, perché c’è davvero bisogno. Giovanna durante il primo lockdown è stata malissimo, pensava che fossimo noi a non volerla più, la continuità è fondamentale per le persone che hanno delle disabilità mentali».